domenica 2 febbraio 2020





ARTICOLAZIONE E GOVERNO DEL TERRITORIO REGIONALE
“Vent’anni di solipsismo”

Ubaldo Muzzatti - Articolo 10 gennaio 2020

https://www.rilanciafriuli.it/

Autonomia e territorio 1

In estrema sintesi, essendo abbastanza noti dati e vicende, la Regione Autonoma Friuli – Venezia Giulia fu istituita, con Legge Costituzionale del 1963, riunendo i territori delle allora tre province, Gorizia, Trieste e Udine, poi divenute quattro con l’istituzione della provincia di Pordenone nel 1968. In pratica, la Regione ha mantenuto per 50 anni, sino al 2014, l’articolazione amministrativa territoriale italiana, basata sulle Province (4) e sui Comuni (219 all’origine). 



                      
                      All’inizio del ventunesimo secolo questi i dati essenziali dell’articolazione italiana
Articolazione e dati principali
Regioni/P.A.*
Province
Comuni
Italia
                                                      
21
110
8.092
1
Abitanti medi sul territorio           
2.893.000
552.381
7.509
60.762.000
Superficie media del territ.        Kmq.
14.350
2.740
37,2
301.340
Prov/Com. in media per Regione N°

5,5
405

Comuni in media per Provincia   


74

    

                                          e della Regione Autonoma Friuli – Venezia Giulia:
Articolazione e dati principali
Comuni
Province
Regione FVG
                                                           
217
4
1
Abitanti medi sul territorio                
5.664
307.250
1.229.000
Superficie media del territorio         Kmq.
36,15
1.961
7.845
N° Comuni per Provincia:                                       Min. 6 (TS)  – Max 136 (UD) - Media 54

Si noti che per dimensione territoriale e popolazione la regione FVG e le sue province hanno/avevano consistenze pari a circa la metà di quelle dell’Italia intera. Solo i comuni hanno consistenze abbastanza simili seppure con popolazione inferiore. Per quanto riguarda, invece, organizzazione e prerogative i Comuni e le Province (fino alla soppressione del 2014, queste ultime) della Regione ricalcavano il modello italiano. A sua volta derivato dal modello “franco-napoleonico” ma con delle modifiche – peggiorative - introdotte dalla riforma Rattazzi del 1859 che ha accentuato, in Italia, il carattere centralistico delle Province, ovvero di organi periferici volti più al controllo che al governo e allo sviluppo del territorio. Senza contare che per la loro perimetrazione si badò più a criteri logistico-dimensionali che a quelli di omogeneità storico-culturale e socio-economica.

Per vari motivi, sin dall’istituzione, si avviarono proposte e tentativi di modifica dell’articolazione amministrativa della Regione. Questi, nel secolo scorso, portarono solamente al distacco del Friuli occidentale dalla provincia di Udine con l’istituzione della provincia di Pordenone; all’ avvio - con alterne vicende – dei Comprensori/Comunità montane e a una interessante esperienza di collaborazione volontaria tra comuni: il “Consorzio Comunità Collinare del Friuli”, costituitosi nel lontano 1967, tra 16 municipi, per l’esercizio in “comune” di alcune materie e prerogative proprie. Avrebbe potuto costituire un buon esempio per l’estensione a tutta la regione di un adeguato numero di aggregazioni territoriali compatte ed omogenee, ma così non è stato.

I tentativi di riformare complessivamente il sistema delle autonomie locali si concretizzarono (si fa per modo di dire) col nuovo secolo e con ben tre leggi succedutesi “ad excludendum” in meno di venti anni:

-   -L.R. 1/2006 “Principi e norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia.” Al tempo Illy era il presidente della regione e Iacop  l’assessore competente. La legge aveva come elemento caratterizzante la possibilità di istituire volontariamente gli Ambiti di Sviluppo Territoriale (Aster), incentivava le fusioni tra Comuni, non toccava le Province;

    -L.R. 26/2014 “Riordino del sistema Regione-Autonomie locali nel FVG. Ordinamento delle unioni territoriali intercomunali e riallocazione di funzioni amministrative”. Presidente Serracchiani/ assessore Panontin. È stata (per il tempo di una tornata elettorale) la legge delle “Uti” e della abolizione delle Province;

   -L.R. 71/2019 “Esercizio coordinato di funzioni e servizi tra gli enti locali del Friuli Venezia Giulia e istituzione degli Enti di decentramento regionale”. Presidente Fedriga, assessore Roberti. Legge vigente (in fase di applicazione?). Dovrebbe essere la legge dei “liberi Comuni” (di fondersi o aggregarsi se e come vogliono) e della reintroduzione surrettizia delle Province (Enti di decentramento).

Dunque sono state approvate dal Consiglio regionale ed entrate in vigore (temporaneamente) tre riforme complete delle autonomie locali in meno di venti anni. E pensare che il modello previgente è durato, con poche modifiche, per oltre duecento anni a cavallo di tre secoli, ha superato due guerre mondiali e le trasformazioni dello Stato italiano dalla monarchia rinascimentale alla Repubblica. 

Come è potuto accadere? Ogni tentativo di risposta non potrebbe che essere impietoso verso la politica locale e certificarne l’incapacità ad elaborare progetti strategici, di ampio respiro e lunga prospettiva. Limitiamoci a rilevare – e vale per tutti i tentativi fatti – che si è operato con metodo inadeguato e si è preteso di “inventare” da soli un “nuovo sistema” (solipsismo grave). Ignorando le molteplici esperienze dei modelli in essere e in evoluzione in tutto il mondo: il governo del territorio è un problema universale.
Ma ora, ci siamo Finalmente? L’ultima riforma – varata nel 2019 – verrà, al contrario delle due precedenti, applicata? Durerà, non duecento, ma almeno venti anni? Tutto può essere, ma basta uno sguardo ai sistemi territoriali in essere in Europa, traguardare le evoluzioni in corso – spinte dalle evoluzioni culturali, tecnologiche, organizzative, economiche – per un no inappellabile. Non può durare, non può essere questa la risposta alla domanda:

Quale articolazione amministrativa, come strutturata e con quali compiti per ciascun livello definito è in grado di assicurare, al meglio e in modo duraturo, tutti i servizi e le prerogative che sono attualmente (e prevedibilmente) in capo alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e alle amministrazioni per quali la Regione ha potere legislativo, di coordinamento e controllo?

* P.A.: Province autonome di trento e Bolzano, di fatto sono entrambe Enti legislativi di secondo livello

UNA LEZIONE DI POLITICA ECONOMICA TERRITORIALE
Tra vigne, meleti, spa e resort
Ubaldo Muzzatti  -  Articolo 30 gennaio 2020
Politica – Economia
Con l’ingegnere partivamo in auto al pomeriggio per essere
Vigneti a Caldaro (BZ) sullo sfondo il lago
su in serata e pienamente operativi il mattino dopo. Meta della trasferta l’Alto Adige, tra Caldaro e Appiano. Qui in mezzo alle vigne e ai meleti, tenuti che è una meraviglia, era insediata l’azienda per la quale stavamo lavorando in qualità di consulenti di organizzazione industriale. Si pernottava in un alberghetto che, ufficialmente, si fregiava di due sole stelle ma con struttura, confort e servizio di ottimo livello che in molte altre località non si trovano in hotel di prima categoria. Al mattino la colazione era un tripudio di delicatessen locali e fatte in casa. La scelta era smisurata, anche nei periodi di bassa stagione, quando io e l’ingegnere eravamo tra i pochi clienti. Naturalmente l’edificio e tutto l’arredamento erano tipicamente tirolesi. In mezzo a tanto legno, usato con sapienza, spiccava sul banco della reception il computer. Erano i tempi in cui questo device faceva le prime apparizioni nelle medie e grandi aziende industriali, mentre nelle piccole, nelle attività artigianali e commerciali, almeno da noi, era ancora un oggetto poco conosciuto.
Al mattino raggiungevamo lo stabilimento. Passando in mezzo ai vigneti vedevamo già i coltivatori all’opera. Durante la fase vegetativa della vite, in uno spiazzo lungo la strada, ove era posizionato l’apposito impianto, avveniva il riempimento delle cisterne irroratrici per i trattamenti. Sovraintendeva l’operazione un tecnico della direzione provinciale agricoltura. Tutti i coltivatori della zona affluivano con le botti trainate dal trattore, esibivano al tecnico provinciale un cartellino con i dati delle rispettive coltivazioni e, in base a questi, venivano riforniti della giusta quantità e tipologia di miscela pronta all’uso, non senza aver tarato l’impianto e gli ugelli di aspersione. Credo che molti si siano posti la domanda: “E’ possibile che tutti gli agricoltori sappiano scegliere, dosare e usare anticrittogamici, pesticidi, diserbanti, concimi e quant’altro? Non sarà che alcuni padroneggiano poco queste sostanze, con i rischi conseguenti per sé e soprattutto per i consumatori?”. Nella provincia autonoma di Bolzano hanno dato una risposta concreta, generalizzata e preventiva a questo dubbio.
Lo stabilimento era costituito da una costruzione in pannelli prefabbricati, come se ne vedono tanti nelle nostre zone industriali. Ben fatto e ben tenuto ma, in zona pedemontana, non lontano dal lago di Caldaro, in mezzo alle vigne, non lontano dai tipici insediamenti montani, non si può dire che fosse bello. Non di meno l’attività andava bene. Bisognava ampliare e a tal scopo era stata presentata domanda di concessione edilizia. Passavano i mesi e, a dispetto del noto efficientismo locale, il permesso a costruire non arrivava, nonostante ripetuti solleciti. Finché un giorno il titolare sbottando disse: “Venite con me, ho chiesto un incontro alla Direzione competente in Provincia”. Ci presentammo dunque negli uffici provinciali ed esponemmo il caso, prospettando l’esigenza di ampliare gli spazi produttivi; sottolineando i benefici occupazionali che ne sarebbero derivati. L’alto funzionario ci ascoltò con attenzione ma senza entusiasmo. Quando venne il suo turno, fermo e pacato, ci ricordò che la Provincia Autonoma di Bolzano aveva una precisa e consolidata politica economica di sviluppo basata su due filiere: quella agro alimentare e quella del turismo. Purtroppo il progetto presentato non rientrava in quelli individuati dalla politica di sviluppo del territorio. Da qui la mancata risposta e il probabile rigetto della domanda. “Per quel luogo – concluse sorridendo – presentate, invece, una domanda per la realizzazione di una spa, un resort, che ben si inseriscono nel contesto, e sarà evasa immediatamente”.
Son tornato di recente in Alto Adige, a Merano, in Val Venosta e in Val Passiria. Visti i centri termali, le spa in quasi tutti gli alberghi; visto lo straordinario meleto della Venosta; i masi e gli allevamenti della Passiria; le aziende lattiero casearie, si può star certi che la politica economica e di sviluppo di quel territorio si basa ancora sulle due filiere individuate e sostenute coerentemente dalla amministrazione provinciale.
Non è detto che altri territori, altre regioni possano / debbano individuare e sostenere quelle stesse filiere o solo quelle. Ma l’esempio citato prova che anche una regione, soprattutto se autonoma, può e deve individuare una politica economica / industriale e perseguirla con coerenza. Evitando di disperdere le poche risorse disponibili in mille rivoli e con continui cambi di rotta.
Le terme di Naturno (BZ)