martedì 18 febbraio 2014

PER UNA REGIONE FUTURA, EQUA E SOSTENIBILE

Oltre, e contestualmente, alla riforma del Sistema Regione - Autonomie locali sono necessarie le modifiche alla legge elettorale e ai criteri di ripartizione delle risorse

L’iter, per la riforma del Sistema Regione – Autonomie locali, è stato avviato e speriamo che giunga a compimento. Se non con soddisfazione di tutti, almeno con un’ampia e diffusa condivisione, tra le varie componenti del Friuli Venezia Giulia. Bisogna anche richiamare l’attenzione su due aspetti correlati alla riforma, così com’è stata prefigurata nelle linee guida pubblicate dall’assessorato competente. Si tratta della legge elettorale per le regionali e dei criteri di assegnazione dei fondi alle Autonomie locali, che si adotteranno dopo - e meglio sarebbe con - la riforma. E’ del tutto evidente che una modifica di tale portata, che si prefigge di ridurre a due i livelli amministrativi e rendere più efficienti, efficaci, equivalenti e sostenibili i servizi erogati, non può essere disgiunta da un adeguamento della legge elettorale e dei criteri di ripartizione delle risorse. Pena, il non raggiungimento degli obiettivi stessi per i quali è voluta (e necessaria).
Le linee guida prevedono il superamento delle province e la concentrazione di compiti e risorse sulla regione e sui comuni, singoli e aggregati. Logica vuole che con il superamento delle province siano modificati anche i collegi provinciali per le elezioni regionali. Collegi che, per altro, avrebbero dovuto già essere modificati per consentire un’adeguata rappresentanza a tutti i territori omogenei di questa regione, che non corrispondono alle attuali circoscrizioni provinciali. In pratica bisognerà far corrispondere i collegi elettorali per le regionali agli “aggregati di comuni” che si andranno a individuare, in modo che ciascuna “comunità omogenea” abbia l’effettiva possibilità di eleggere un proprio consigliere regionale. Impregiudicata la possibilità di candidare e votare consiglieri di qualsiasi orientamento politico; autoctono o esterno, i collegi compatti e omogenei, corrispondenti al numero dei consiglieri da eleggere (o poco meno), sono l’unico modo per avere un consiglio regionale veramente rappresentativo della variegata (sotto molti profili) realtà regionale.
Da questo punto di vista, non costituisce un buon precedente, la norma per l’elezione indiretta (e si spera transitoria) dei consigli provinciali, basata sul collegio unico. E non mancheranno quanti vorranno adottare lo stesso criterio a livello regionale. I macrocollegi plurinominali, sono il terreno preferito dalle segreterie politiche, dalle oligarchie, dai potentati, dalle lobby, nonché il mezzo ideale per pilotare le elezioni, rendendo minime le possibilità di scelta degli elettori e aleatoria la rappresentanza territoriale. In estrema sintesi, il collegio unico, per l’elezione del consiglio regionale, decreterebbe un ulteriore depauperamento del territorio e il definitivo declino del policentrismo, per concentrare la rappresentanza politica e, conseguentemente, delle risorse, sugli aggregati egemoni, intorno a tre degli ex capoluoghi provinciali e a Monfalcone.
Qualche segnale meno inquietante giunge sul fronte dei trasferimenti delle risorse finanziarie ai singoli comuni e loro aggregazioni. Sono previsti, infatti, anche delle assegnazioni non vincolate. Con questa scelta si restituirà finalmente un poco di autonomia alle … autonomie locali. Al contempo sarà limitata (speriamo estirpata) la prassi centralistico-clientelare dell’assegnazione diretta regionale di fondi per progetti, investimenti e contributi, di esclusiva pertinenza comunale o di area omogenea e che, in queste sedi, possono e devono essere valutati. Assumendo la responsabilità delle scelte di fronte ai cittadini interessati.
Resta il nodo cardine delle modalità di ripartizione delle risorse tra le due centinaia di municipalità e le due decine di aggregazioni, che dovrebbero risultare dopo le “fusioni volontarie e le collaborazioni obbligatorie” tra i comuni. Questa è l’occasione, imperdibile, per fissare criteri oggettivi, misurabili e controllabili, che pongano tutti i cittadini e tutte le comunità sullo stesso piano. Non è più tollerabile che i cittadini, ovunque residenti, paghino le imposte con le stesse aliquote e poi abbiano un tasso di restituzione assai variabile secondo il luogo dove vivono e operano. Per la ripartizione dovranno contare solo parametri oggettivi e pertinenti quali: popolazione residente, estensione territoriale, altitudine, imposte raccolte; da adottare singolarmente o combinati tra di loro e pesati secondo la voce di spesa considerata. 



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