martedì 18 febbraio 2014

QUALE RIFORMA PER GLI ENTI LOCALI DEL FRIULI

Fusioni accentratrici, o federazioni paritetiche di comuni?
Sono già in atto le manovre per far rientrare l'impostazione centralistica delle province che si vanno a chiudere e mantenere i privilegi dei capoluoghi.
Un rischio mortale per il territorio policentrico friulano che deve essere scongiurato!

Il Municipio di Pordenone
Da quello che si legge in questi giorni sulle pagine dei quotidiani, si vorrebbe andare verso un’aggregazione dei cinque comuni del Pordenonese. C'è anche chi, gettando il cuore oltre il ... Noncello, vorrebbe la fusione dei municipi e la costituzione della "Città dei centomila abitanti". E auspica, addirittura, la costituzione di "Un polo di area vasta in rappresentanza di tutta la Destra Tagliamento". Facendo, in questo modo, rientrare dalla finestra ciò che dovrebbe uscire dalla porta, ovvero il centralismo delle province italiane che, sopratutto nella nostra regione, concentrando strutture, risorse e attenzioni nei capoluoghi, ha decretando il depauperamento del territorio e la mortificazione del tessuto policentrico della Regione basato su un equilibrato reticolo di cittadine, paesi e borghi.
In proposito, mi pare di poter dire che gli altri poli che si costituiranno nella Destra Tagliamento, presumibilmente Sacilese, Sanvitese, Spilimberghese, Maniaghese e, forse anche, Azzanese, non avranno bisogno di patronati e staranno in Regione con la stessa dignità e prerogative del Pordenonese. L'abolizione delle province deve significare il superamento della logica centralistica con la concentrazione delle risorse nei capoluoghi che, non a caso, saranno aboliti. La città dei centomila conterà per centomila e dovrà avere per centomila. E gli altri dovranno avere esattamente in proporzione alle loro popolazioni, territori, imposte pagate. Solo così si realizzano il dettato costituzionale e i principi di democrazia che vogliono tutti i cittadini e le comunità poste sullo stesso piano.
Se si andrà nella direzione preannunciata, senza distorsioni e infingimenti, le C.D. aggregazioni introdurranno, a livello delle amministrazioni locali, elementi di federalismo e di democrazia che per troppo tempo sono stati trascurati, con il risultato di creare cittadini di serie A nei capoluoghi e cittadini di serie B sul territorio. Non ci dovrà essere nessun ruolo di area vasta per la città, sia essa di 50 o 100 o 200 mila abitanti. Ci dovranno essere delle aree omogenee "sovrane" sulle materie di competenza, ma senza possibilità di prevaricazione sulle altre. A garanzia di questo equilibrio, ci dovrà essere una riforma della legge per le elezioni regionali, facendo coincidere i collegi elettorali con le costituende "Aggregazioni omogenee" in modo tale che ciascuna porti i propri rappresentanti in Regione e si evitino le distorsioni che abbiamo subito con i macrocollegi plurinominali su base provinciale che ha sempre sovra-rappresentato i capoluoghi e lasciato scoperti per decenni intere comunità (Lo Spilimberghese, per esempio, salvo l'ultima tornata).
Se con la riforma riusciremo a realizzare una regione policentrica, costituita da aggregati omogenei, posti rigorosamente sullo stesso piano - nei diritti e nei doveri, nel dare e nel ricevere - potremmo finalmente arginare il depauperamento territoriale e il declino delle, un tempo, floride cittadine e dei magnifici borghi che costituiscono il tessuto regionale. Senza nulla togliere alle città maggiori "ex capoluoghi" che potranno continuare a svilupparsi ed essere centri di attrazione per il territorio circostante in ragione delle capacità dei residenti e dei loro amministratori e non di ingiustificati sovra-finanziamenti erogati sino ad ora in ragione del loro essere "capoluoghi".
Le caratteristiche e le esigenze delle città sono diverse da quelle dei centri extraurbani, ma quelle di questi ultimi non sono meno importanti e meno onerosi di quelli urbani. Ciò che per decenni si è dato in più ai capoluoghi è stato sottratto al territorio e i guasti si vedono tutti, non solo in montagna, non solo nelle borgate, ma anche in pianura e anche in quelle che erano, e possono tornare a essere, fiorenti cittadine (Spilimbergo, Gemona, Codroipo, …). Le diversità di caratteristiche e quindi delle esigenze, anche amministrative, che si possono riscontrare (e non eliminare) nei paesi e nelle cittadine rispetto alle città medio - grandi, devono indurre a soppesare bene le scelte che si andranno a fare con la necessaria riforma.
Com’è noto (o dovrebbe esserlo a chi tratta questa materia) la Germania ha portato a termine tutta una serie di riforme che, per esempio, ha dimezzato i comuni, ma nessun Land ha modificato la netta distinzione tra Circondari urbani (coincidente con il solo comune della città) e i Circondari rurali che sono aggregazioni di comuni e costituiscono l'ente intermedio tra questi ultimi e i Lander. L'esperienza tedesca, austriaca e svizzera, ci insegna che i cittadini devono amministrare solo la città e che il territorio deve essere affidato a chi su di esso vive, opera e ne condivide le sorti. Pena il declino del territorio stesso, com’è puntualmente avvenuto in Italia e sopratutto nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ove ha gravato per decenni il pluricentralismo di Stato, Regione e Province.
Per quanto sopra, la riforma deve prevedere la possibilità di volontaria fusione di due o più comuni e questo vale anche per i municipi sul Noncello. Tuttavia, contrariamente a quello che sostengono in molti, le fusioni sono auspicabili e praticabili tra entità omogenee e sono, invece, problematiche tra una città e i municipi contermini che si troverebbero a soccombere, cioè a diventare periferie. I cittadini dei paesi minori devono sapere che, dalla fusione in poi, prevarranno le logiche e gli interessi urbani che non sono gli stessi del territorio. Basti pensare alle diverse esigenze, in fatto di raccolta rifiuti e del ciclo integrato dell'acqua, che sono insite nelle diverse tipologie abitative ed economiche.
Resta aperta la possibilità delle aggregazioni di comuni che mettono a fattor comune buona parte dei servizi e delle risorse ma continuano ad esistere seppure snelliti di molto. Anche per questa evenienza i comuni intorno a Pordenone dovranno fare una scelta: seguire il modello trentino, ove i comuni contermini (due in quel caso) si sono aggregati con il capoluogo; oppure il modello altoatesino, dove i comuni rurali si sono aggregati tra di loro formando comprensori omogenei, ma non con Bolzano che resta comprensorio urbano monocomune, dimostrando di avere ben compreso la lezione austriaca, tedesca e svizzera.


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