Fusioni accentratrici, o federazioni paritetiche di comuni?
Sono già in atto le manovre per far rientrare l'impostazione centralistica delle province che si vanno a chiudere e mantenere i privilegi dei capoluoghi.
Un rischio mortale per il territorio policentrico friulano che deve essere scongiurato!
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Il Municipio di Pordenone |
Da quello che si
legge in questi giorni sulle pagine dei quotidiani, si vorrebbe andare verso un’aggregazione
dei cinque comuni del Pordenonese. C'è anche chi, gettando il cuore oltre il ...
Noncello, vorrebbe la fusione dei municipi e la costituzione della "Città
dei centomila abitanti". E auspica, addirittura, la costituzione di
"Un polo di area vasta in rappresentanza di tutta la Destra
Tagliamento". Facendo, in questo modo, rientrare dalla finestra ciò che
dovrebbe uscire dalla porta, ovvero il centralismo delle province italiane che,
sopratutto nella nostra regione, concentrando strutture, risorse e attenzioni
nei capoluoghi, ha decretando il depauperamento del territorio e la
mortificazione del tessuto policentrico della Regione basato su un equilibrato
reticolo di cittadine, paesi e borghi.
In proposito, mi
pare di poter dire che gli altri poli che si costituiranno nella Destra
Tagliamento, presumibilmente Sacilese, Sanvitese, Spilimberghese, Maniaghese e,
forse anche, Azzanese, non avranno bisogno di patronati e staranno in Regione
con la stessa dignità e prerogative del Pordenonese. L'abolizione delle
province deve significare il superamento della logica centralistica con la
concentrazione delle risorse nei capoluoghi che, non a caso, saranno aboliti.
La città dei centomila conterà per centomila e dovrà avere per centomila. E gli
altri dovranno avere esattamente in proporzione alle loro popolazioni,
territori, imposte pagate. Solo così si realizzano il dettato costituzionale e
i principi di democrazia che vogliono tutti i cittadini e le comunità poste
sullo stesso piano.
Se si andrà nella
direzione preannunciata, senza distorsioni e infingimenti, le C.D. aggregazioni
introdurranno, a livello delle amministrazioni locali, elementi di federalismo
e di democrazia che per troppo tempo sono stati trascurati, con il risultato di
creare cittadini di serie A nei capoluoghi e cittadini di serie B sul
territorio. Non ci dovrà essere nessun ruolo di area vasta per la città, sia
essa di 50 o 100 o 200 mila abitanti. Ci dovranno essere delle aree omogenee
"sovrane" sulle materie di competenza, ma senza possibilità di
prevaricazione sulle altre. A garanzia di questo equilibrio, ci dovrà essere
una riforma della legge per le elezioni regionali, facendo coincidere i collegi
elettorali con le costituende "Aggregazioni omogenee" in modo tale
che ciascuna porti i propri rappresentanti in Regione e si evitino le
distorsioni che abbiamo subito con i macrocollegi plurinominali su base
provinciale che ha sempre sovra-rappresentato i capoluoghi e lasciato scoperti
per decenni intere comunità (Lo Spilimberghese, per esempio, salvo l'ultima
tornata).
Se con la riforma
riusciremo a realizzare una regione policentrica, costituita da aggregati
omogenei, posti rigorosamente sullo stesso piano - nei diritti e nei doveri,
nel dare e nel ricevere - potremmo finalmente arginare il depauperamento
territoriale e il declino delle, un tempo, floride cittadine e dei magnifici
borghi che costituiscono il tessuto regionale. Senza nulla togliere alle città
maggiori "ex capoluoghi" che potranno continuare a svilupparsi ed
essere centri di attrazione per il territorio circostante in ragione delle
capacità dei residenti e dei loro amministratori e non di ingiustificati
sovra-finanziamenti erogati sino ad ora in ragione del loro essere
"capoluoghi".
Le caratteristiche
e le esigenze delle città sono diverse da quelle dei centri extraurbani, ma
quelle di questi ultimi non sono meno importanti e meno onerosi di quelli urbani.
Ciò che per decenni si è dato in più ai capoluoghi è stato sottratto al
territorio e i guasti si vedono tutti, non solo in montagna, non solo nelle
borgate, ma anche in pianura e anche in quelle che erano, e possono tornare a
essere, fiorenti cittadine (Spilimbergo, Gemona, Codroipo, …). Le diversità di
caratteristiche e quindi delle esigenze, anche amministrative, che si possono
riscontrare (e non eliminare) nei paesi e nelle cittadine rispetto alle città
medio - grandi, devono indurre a soppesare bene le scelte che si andranno a
fare con la necessaria riforma.
Com’è noto (o
dovrebbe esserlo a chi tratta questa materia) la Germania ha portato a termine
tutta una serie di riforme che, per esempio, ha dimezzato i comuni, ma nessun Land
ha modificato la netta distinzione tra Circondari urbani (coincidente con il
solo comune della città) e i Circondari rurali che sono aggregazioni di comuni
e costituiscono l'ente intermedio tra questi ultimi e i Lander. L'esperienza
tedesca, austriaca e svizzera, ci insegna che i cittadini devono amministrare
solo la città e che il territorio deve essere affidato a chi su di esso vive,
opera e ne condivide le sorti. Pena il declino del territorio stesso, com’è
puntualmente avvenuto in Italia e sopratutto nella Regione Autonoma Friuli
Venezia Giulia, ove ha gravato per decenni il pluricentralismo di Stato,
Regione e Province.
Per quanto sopra,
la riforma deve prevedere la possibilità di volontaria fusione di due o più
comuni e questo vale anche per i municipi sul Noncello. Tuttavia,
contrariamente a quello che sostengono in molti, le fusioni sono auspicabili e
praticabili tra entità omogenee e sono, invece, problematiche tra una città e i
municipi contermini che si troverebbero a soccombere, cioè a diventare
periferie. I cittadini dei paesi minori devono sapere che, dalla fusione in poi,
prevarranno le logiche e gli interessi urbani che non sono gli stessi del
territorio. Basti pensare alle diverse esigenze, in fatto di raccolta rifiuti e
del ciclo integrato dell'acqua, che sono insite nelle diverse tipologie
abitative ed economiche.
Resta aperta la
possibilità delle aggregazioni di comuni che mettono a fattor comune buona
parte dei servizi e delle risorse ma continuano ad esistere seppure snelliti di
molto. Anche per questa evenienza i comuni intorno a Pordenone dovranno fare
una scelta: seguire il modello trentino, ove i comuni contermini (due in quel
caso) si sono aggregati con il capoluogo; oppure il modello altoatesino, dove i
comuni rurali si sono aggregati tra di loro formando comprensori omogenei, ma
non con Bolzano che resta comprensorio urbano monocomune, dimostrando di avere
ben compreso la lezione austriaca, tedesca e svizzera.