ARTICOLAZIONE E GOVERNO DEL
TERRITORIO REGIONALE
“Vent’anni di solipsismo”
Autonomia e
territorio 1
In estrema sintesi, essendo abbastanza noti dati e vicende, la Regione
Autonoma Friuli – Venezia Giulia fu istituita, con Legge Costituzionale del
1963, riunendo i territori delle allora tre province, Gorizia, Trieste e Udine,
poi divenute quattro con l’istituzione della provincia di Pordenone nel 1968.
In pratica, la Regione ha mantenuto per 50 anni, sino al 2014, l’articolazione
amministrativa territoriale italiana, basata sulle Province (4) e sui Comuni
(219 all’origine).
All’inizio
del ventunesimo secolo questi i dati essenziali dell’articolazione italiana
Articolazione e dati principali
|
Regioni/P.A.*
|
Province
|
Comuni
|
Italia
|
N°
|
21
|
110
|
8.092
|
1
|
Abitanti medi sul territorio N°
|
2.893.000
|
552.381
|
7.509
|
60.762.000
|
Superficie media del territ. Kmq.
|
14.350
|
2.740
|
37,2
|
301.340
|
Prov/Com. in media per Regione N°
|
5,5
|
405
|
||
Comuni in media per Provincia N°
|
74
|
e della Regione Autonoma Friuli – Venezia Giulia:
Articolazione e dati principali
|
Comuni
|
Province
|
Regione FVG
|
N°
|
217
|
4
|
1
|
Abitanti medi sul territorio N°
|
5.664
|
307.250
|
1.229.000
|
Superficie media del territorio Kmq.
|
36,15
|
1.961
|
7.845
|
N° Comuni per Provincia: Min.
6 (TS) – Max 136 (UD) - Media 54
|
Si noti che per dimensione territoriale e popolazione la regione FVG e
le sue province hanno/avevano consistenze pari a circa la metà di quelle
dell’Italia intera. Solo i comuni hanno consistenze abbastanza simili seppure
con popolazione inferiore. Per quanto riguarda, invece, organizzazione e
prerogative i Comuni e le Province (fino alla soppressione del 2014, queste
ultime) della Regione ricalcavano il modello italiano. A sua volta derivato dal
modello “franco-napoleonico” ma con delle modifiche – peggiorative - introdotte
dalla riforma Rattazzi del 1859 che ha accentuato, in Italia, il carattere
centralistico delle Province, ovvero di organi periferici volti più al
controllo che al governo e allo sviluppo del territorio. Senza contare che per
la loro perimetrazione si badò più a criteri logistico-dimensionali che a
quelli di omogeneità storico-culturale e socio-economica.
Per vari motivi, sin dall’istituzione, si avviarono proposte e
tentativi di modifica dell’articolazione amministrativa della Regione. Questi, nel
secolo scorso, portarono solamente al distacco del Friuli occidentale dalla
provincia di Udine con l’istituzione della provincia di Pordenone; all’ avvio -
con alterne vicende – dei Comprensori/Comunità montane e a una interessante
esperienza di collaborazione volontaria tra comuni: il “Consorzio Comunità
Collinare del Friuli”, costituitosi nel lontano 1967, tra 16 municipi, per
l’esercizio in “comune” di alcune materie e prerogative proprie. Avrebbe potuto
costituire un buon esempio per l’estensione a tutta la regione di un adeguato
numero di aggregazioni territoriali compatte ed omogenee, ma così non è stato.
I tentativi di riformare complessivamente il sistema delle autonomie
locali si concretizzarono (si fa per modo di dire) col nuovo secolo e con ben
tre leggi succedutesi “ad excludendum” in meno di venti anni:
- -L.R. 1/2006 “Principi
e norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli Venezia
Giulia.” Al tempo Illy era il presidente della regione e Iacop l’assessore
competente. La legge aveva come elemento caratterizzante la possibilità di
istituire volontariamente gli Ambiti di Sviluppo Territoriale (Aster), incentivava le fusioni tra Comuni, non toccava le Province;
-L.R. 26/2014 “Riordino del sistema
Regione-Autonomie locali nel FVG. Ordinamento delle unioni territoriali
intercomunali e riallocazione di funzioni amministrative”. Presidente
Serracchiani/ assessore Panontin. È stata (per il tempo di una tornata
elettorale) la legge delle “Uti” e della abolizione delle Province;
-L.R. 71/2019 “Esercizio coordinato di funzioni e
servizi tra gli enti locali del Friuli Venezia Giulia e istituzione degli Enti
di decentramento regionale”. Presidente Fedriga, assessore Roberti. Legge
vigente (in fase di applicazione?). Dovrebbe essere la legge dei “liberi
Comuni” (di fondersi o aggregarsi se e come vogliono) e della reintroduzione
surrettizia delle Province (Enti di decentramento).
Dunque sono state approvate dal
Consiglio regionale ed entrate in vigore (temporaneamente) tre riforme complete
delle autonomie locali in meno di venti anni. E pensare che il modello
previgente è durato, con poche modifiche, per oltre duecento anni a cavallo di
tre secoli, ha superato due guerre mondiali e le trasformazioni dello Stato
italiano dalla monarchia rinascimentale alla Repubblica.
Come è potuto accadere? Ogni
tentativo di risposta non potrebbe che essere impietoso verso la politica
locale e certificarne l’incapacità ad elaborare progetti strategici, di ampio
respiro e lunga prospettiva. Limitiamoci a rilevare – e vale per tutti i
tentativi fatti – che si è operato con metodo inadeguato e si è preteso di
“inventare” da soli un “nuovo sistema” (solipsismo grave). Ignorando le
molteplici esperienze dei modelli in essere e in evoluzione in tutto il mondo:
il governo del territorio è un problema universale.
Ma ora, ci siamo Finalmente?
L’ultima riforma – varata nel 2019 – verrà, al contrario delle due precedenti,
applicata? Durerà, non duecento, ma almeno venti anni? Tutto può essere, ma
basta uno sguardo ai sistemi territoriali in essere in Europa, traguardare le
evoluzioni in corso – spinte dalle evoluzioni culturali, tecnologiche,
organizzative, economiche – per un no inappellabile. Non può durare, non può
essere questa la risposta alla domanda:
Quale articolazione amministrativa, come strutturata e con quali compiti
per ciascun livello definito è in grado di assicurare, al meglio e in modo
duraturo, tutti i servizi e le prerogative che sono attualmente (e
prevedibilmente) in capo alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e alle
amministrazioni per quali la Regione ha potere legislativo, di coordinamento e
controllo?
* P.A.: Province autonome di trento e Bolzano, di fatto sono entrambe Enti legislativi di secondo livello